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Bestioni per la strada

Sono tanto utili per la vita quotidiana di ciascuno di noi, ma allo stesso tempo li odiamo quando ci passano vicini in autostrada o quando siamo costretti a sorpassarli:

sono gli autocarri, o autotreni, o tir. In una parola sola: camion.

Pare sia un termine antico francese e che significasse semplicemente carro; in effetti il primo autocarro della storia, un Daimler  risalente al 1896,  non era altro che un calesse senza cavalli mosso da un grosso motore a vapore.

Ad essere precisi i termini non sono ambivalenti, esistono molte tipologie di autocarri a seconda delle dimensioni e del peso del carico trasportato; i così detti “tir” poi non sono altro che grossi autocarri che condividono un documento di viaggio per il trasporto internazionale, una procedura di trasporto inaugurata nel lontano 1975 ma che dagli anni ottanta in poi è diventata erroneamente nell’uso comune sinonimo di autoarticolato.

Nei decenni, soprattutto a partire dagli anni dieci del secolo scorso, i camion sono diventati protagonisti della strada e della storia: già nel primo conflitto mondiale fragilissimi autocarri portavano le truppe al fronte.

Alcuni modelli degli anni successivi si vedono spesso anche nei bellissimi film muti di Stanlio e Ollio, caratterizzati da quelle sottilissime ruotone a raggi e da i fanali molto simili a delle lanterne.

In Italia in particolar modo l’autocarro è ricordato come uno degli strumenti della ricostruzione post-bellica e del “boom” economico degli anni cinquanta e sessanta: in quegli anni ogni casa automobilistica italiana produceva camion: Bianchi, Om, Alfa Romeo, Lancia e Fiat, quest’ultima rimasta ancora oggi attraverso il marchio Iveco grande produttrice di autocarri e protagonista in Europa del trasporto su gomma.

Seguendo in parte l’evoluzione delle automobili i camion negli anni si sono sempre più evoluti e sono diventati oggi autoveicoli molto confortevoli e sofisticati tutto a vantaggio della qualità del lavoro del “camionista” e della sicurezza stradale.

Un tempo per fare il camionista si diceva che bisognava aver braccia forti, ed era vero fino a quando non diventò un accessorio di serie il servosterzo. Grandi volantoni di bachelite infuocata d’estate e gelida in inverno erano “destinati ” a uomini robusti disposti a macinare chilometri su chilometri con un confort di guida scarsissimo soprattutto nella stagione  estiva quando non esistevano ancora i tanto amati condizionatori d’aria!

Camion grande protagonista anche nel cinema italiano, soprattutto nella commedia all’italiana; chi non si ricorda l’episodio che vede protagonista Mario Brega come camionista “infermiere” nel film “bianco rosso e verdone” del 1981 diretto e interpretato da Carlo Verdone?

 E sempre dello stesso anno è il film di Sergio Corbucci “il Bestione” con Giancarlo Giannini.

Indimenticabile per chi ama il genere il camionista “slavo” del film “eccezziunale veramente” con Diego Abatantuono del 1982, un vero must del b-movie italiano; oppure il film “la camionista” del 1987 che vede una giovane Serena Grandi nei panni di Teresa, una procace e coraggiosa camionista emiliana.

Autocarri come protagonisti sia del quotidiano che dell’immaginario, grandi e lucenti quelli americani che dominano i lunghissimi nastri d’asfalto che collegano le due coste, ma anche piccoli e arrugginiti che portano a scuola i bambini in Africa o nel sud del pianeta; anche qui un film come “Banaba Joe” (1982) con il mitico Bud Spencer ci fa vedere come un camion pieno di banane possa portare il sorriso, sia nella finzione della sceneggiatura del film che nella realtà dello spettatore!

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